Alcuni altri saggi di Michaìl Zhvanetsky
Una ziona bellina sporge dall'acqua.
- Ma mi dica, dire "bellina" basta per caratterizzare una donna?
- Basta, sì. Per caratterizzare un uomo "bellino" non basterebbe. Qualcosa mancherebbe. Sarebbe come dire un "revolver bello". E quanto è il suo calibro? Quante cartucce? La distanza dello sparo? La densità di tiro? Un mucchio delle domande. E di un bersaglio c'è solo una domanda: dove è?
Ecco come morivo in un recital mio.
Ero sulla scena.
C'era un paio seduto nella prima fila delle poltrone.
Lui e lei.
Appena cominciavo recitare, cominciavano parlare anche loro.
Quando tacevo, anche loro tacevano.
Gli sussurravo: "Silenzio!".
Ma continuavano parlare lo stesso.
Quasi mi ero scoppiato a piangere, ho rovinato la recitazione di tutte le mie opere, avevo maledetto tutto, sono andato via dalla scena e domandai: "Chi sono loro?"
Era uno straniero con la sua interprete, mi risposero.
Mi puoi capire?
- Mi puoi capire? Non chiedo niente da te. Pretendo solo la tua comprensione.
- Capisco.
- Ho un bisogno urgente di un paio di stivali, lo capisci?
- Capisco.
- Ho bisogno di una pelliccia. Mi capisci?
- Capisco.
- Non ho soldi. Capisci?
- Capisco.
- Cosa fare?
- Non capisco.
- Mi puoi capire, non pretendo niente da te. Ma ho il diritto di contare sulla comprensione reciproca.
- Certo.
- Ma almeno capisci, che sono senza soldi?
- Capisco.
- No. Non ce la fai a capirlo.
- Lo capisco.
- Non lo capisci. Questa poi è tutta la tua comprensione!
- Mi puoi capire, se fossi ricco...
- Io sì, che lo capisco, ma anche tu devi fare uno sforzo per capirmi.
- Ti capisco.
- Non lo capisci, che non ho soldi, non ho vestiti per uscire fuori... No, non mi capisci.
- Ti capisco, ma anche tu mi devi capire. Non ho...
- Ma non chiedo niente da te. Ho solo bisogno della comprensione da parte tua.
- Ti capisco.
- No. Posso perdonare tutto a una persona. Però se manca la comprensione mutua, manca anche la vita. Perciò, non possiamo convivere. Mi capisci?
- Capisco.
- Infine, mi hai capito!
Ecco come trascorre il nostro volo:
Nell'aeroporto di Mosca annunciano l'imbarco, a Odessa cominciano a cucinare boršč.
L'aereo decolla, il boršč comincia a bollire.
L'aereo vola, il boršč bolle.
L'aereo sta per atterrare - nel boršč vengono affettate le erbe. Vengono gratinati i pomodori.
L'aereo atterra, il boršč viene condito.
Viene aggiunto il sale, un po' di limone, e fagioli, obbligatoriamente.
L'aereo corre la pista - viene servita pann'acida, viene affettato il pane, sbucciato l'aglio.
Si scarica il bagaglio - viene lavata l'erba cipollina e messa in un piccolo mucchio accanto alla salvietta.
Andiamo a casa dall'aeroporto - il boršč preparato viene messo a maturare nel caldo, coperto di un asciugapiatti.
Con il primo grido: "Ma ci sono delle persone vive a casa?" - dal frigorifero viene cavata una bottiglia appannata.
Infine arrivati!
I baci di saluto non gli riusciamo bene, tutti si danno baci, guardando la tavola.
Ci mettiamo a tavola...
Narjan-Màr
- Signorina, dove Lei abita?
- A Narjan-Màr.
- E i suoi parenti?
- A Narjan-Màr.
- E che mestiere fanno?
- Sono da Narjan-Màr.
- E come loro vivono?
- Come tutti a Narjan-Màr.
- E non vorrebbero a fare qualche business?
- No. Giacché siamo a Narjan-Màr.
- E cosa succederebbe?
- E cosa potrebbe succedere a Narjan-Màr?
- Ma forse andare a fare gli studi?
- Dove? A Narjan-Màr?
- Ma se andare via, in fin dei fini?
- Da dove, da Narjan-Màr?
- Massì, ma che senso sarebbe rimanere lì?
- E dove rimanere allora?
- All'estero, per esempio.
- E chi rimarrà a Narjan-Màr?
- Ma bisogna, dunque, migliorare la vita lì.
- Dove? A Narjan-Màr??
- Massì, a Narjan-Màr! Dove altrove?
- Ma che so io, dove altrove? Pure siamo a Narjan-Màr.
- Ma radunatevi una volta, eleggete un sindaco sensato.
- Dove? A Narjan-Màr??
- Sì, ma cosa ci sarebbe di strano? E cominciate vivere infine.
- Dove? A Narjan-Màr????
- Sì. E perché rimpiangere il destino. Radunatevi, mettetevi d'accordo, migliorate...
- Dove radunarci? A Narjan-Màr?
- Massì, proprio lì, dove altrove? Ma c'è lì, da voi, almeno qualcosa d'interessante?
- Ma Lei è pazzo? Pure è Narjan-Màr!
- Continuate, dunque, vivere così?
- E come altro possiamo vivere a Narjan-Màr?!
La gatta Felìzia
La nostra gatta Felizia, la bella devota, ma cupa, portò a Natalia nel letto la metà di un topo.
Sospetto, che era la metà migliore.
Felizia vuole tanto bene a Natalia.
Perciò non poteva capire, il perché di queste grida, rumore, corsa...
Sussurrava: Permettete, scusatemi, ma è davvero possibile che dopo queste salami e salsicce non bramate ad assaggiare una cosa fresca? E' un piatto prelibato.
Tutti gridavano:
- Lo prendi! Lo porta via!
- Oh, sospirò Felizia. - Come capirgli, se loro non ce la fanno a capire se stessi? Ma se non volete mangiarlo fresco, potete lessarlo.
- Lo togli subito, brutta bestia!
- La tolgo, la tolgo, - diceva Felizia. - Quanto a me, preferisco la selvaggina viva. E un cibo per l'aristocrazia. E' la seconda cosa. E la prima cosa è: prova prima a cacciarlo! Lo aspetta delle ore, come ho fatto io, la perseguita nella casa, e poi grida. Mai in vita mia ho visto una cosa più abominevole del padrone con un cetriolo salato nella bocca. Spostati. Lasciami passare. Selvaggi che siete!
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